NON SCARICATE IL PESO DELLA PANDEMIA SULLE DONNE

Caro Presidente Mario Draghi,

come donne, madri e lavoratrici avevamo riposto fiducia in Lei e nel cambiamento che il Suo governo pareva prospettare per noi e per i nostri figli dopo un anno devastato dalla pandemia e dalle evidenti difficoltà delle istituzioni italiane di gestirla.

Nel Suo discorso programmatico del 17 febbraio 20211, ci aveva ricordato come siano state donne e giovani a pagare il prezzo più alto della pandemia. I dati ISTAT2 ci ricordano che quasi tre quarti dei 444.000 nuovi disoccupati nel 2020 sono donne, con una progressione impressionante: nel mese di dicembre il 98% dei posti di lavoro persi appartenevano a lavoratrici.
Ai giovani, nel frattempo, è stato tolto tutto: scuola in presenza, sport, oratori, feste di compleanno, con gravi danni sia a livello di istruzione – il nostro Paese arrancava anche prima del Covid-193 – sia di socialità per le generazioni che dovranno costruire l’Italia del futuro.
Speravamo in un cambio di metodo e di approccio, lo speravamo di cuore.
Nel Suo discorso, aveva sottolineato la necessità di tornare “rapidamente a un orario scolastico normale, anche distribuendolo su diverse fasce orarie”.

Invece, a distanza di un anno dall’inizio della pandemia, il Suo governo, caro Presidente Draghi, ha introdotto misure ancora più restrittive del precedente nei confronti delle scuole. Con il nuovo DPCM si permette la chiusura delle scuole d’infanzia e delle scuole primarie anche in situazioni dove la curva pandemica non è considerata dirompente, ampliando a dismisura la discrezionalità dei Governatori, tanto che abbiamo già assistito a chiusure anche nelle cosiddette zone gialle o arancioni. Con l’escamotage della zona arancione «rafforzata», prontamente adottata per esempio in Regione Lombardia, si salvano gli esercizi commerciali e persino la movida, prolungando l’asporto in ore serali, ma si chiudono le scuole. Altri paesi simili a noi per tradizione e cultura, come la Francia, hanno optato per un approccio di segno completamente opposto.
Come donne, madri e lavoratrici ci sentiamo tradite ancora una volta dalle istituzioni, che scaricano su di noi le conseguenze di disorganizzazione e inefficienza, rimandando a un domani lontano l’individuazione di coraggiose soluzioni alternative.

Perché se la scuola chiude, chi se ne occupa alla fine di queste benedette generazioni future? Solo e sempre noi donne, il vero welfare system di questo Paese.

Dopo un anno, un anno intero, l’unica soluzione è davvero solamente quella di chiudere ancora madri e bambini a casa? Dove sono i test di massa, i tracciamenti, il potenziamento dei trasporti, l’accelerazione dei vaccini per rendere le scuole più sicure? Qual è il «ristoro» che verrà offerto a noi e ai nostri figli per aver messo le nostre vite, anche lavorative, ancora una volta in stand-by? Non pensate di zittirci con un bonus baby-sitter, con congedi parentali o parcheggi scolastici a ore: sono toppe su uno squarcio sociale che si allarga ogni giorno di più…

Avremmo accettato questa nuova reclusione se ci aveste detto che chiudeva tutto, che era richiesto un lockdown durissimo perché il Paese era alla soglia del collasso sanitario: ogni madre conosce il significato della parola sacrificio.
Ma non a queste condizioni.

Al «governo dei migliori» chiediamo di più: chiediamo soluzioni, benché difficili, che tutelino il diritto all’istruzione senza ledere la vita delle donne né la salute psicofisica dei nostri figli. Abbiate il coraggio di fare una scelta politica e dichiarare la scuola priorità nazionale, questo vi stanno chiedendo in questi giorni famiglie di ogni parte d’Italia.

Su queste scelte, e non sulle parole, vi giudicheremo.

Le donne del Comitato A Scuola!

1 https://www.governo.it/it/articolo/le-comunicazioni-del-presidente-draghi-al-senato/16225
2 https://www.istat.it/it/files//2021/02/Occupati-e-disoccupati_dicembre_2020.pdf
3 https://www.oecd.org/pisa/publications/PISA2018_CN_ITA_IT.pdf

Visualizza PDF | 8 Marzo 2021 | Lettera Aperta