Da più parti, sia dal mondo sanitario che dal mondo politico, si sta chiedendo di intervenire sulla gestione dei contagi nelle scuole con protocolli diversi. Come Comitato “A Scuola!” ci uniamo a queste razionali e motivate richieste.

Crediamo anzitutto che mettere ancora tutta la classe in quarantena, fino a sette giorni anche per i vaccinati, sia un provvedimento in palese contrasto con la stessa definizione di “contatto stretto” fornita dall’Istituto superiore di sanità, che considera passibili di quarantena i soggetti venuti in contatto con un caso positivo «in un ambiente chiuso (ad esempio aula) in assenza di DPI idonei». Regola applicata, in effetti, nei luoghi di lavoro, nelle palestre e in tutti i contesti sociali, ma non nelle scuole, dove per tutto lo scorso anno scolastico in caso di soggetto positivo tutta la classe è stata messa di default in quarantena (tranne l’insegnante, per il quale sono valse le regole generali). E questo nonostante a scuola esista da sempre l’obbligo di mascherina per tutti, insegnanti, studenti, personale amministrativo e commessi. Un atteggiamento di estrema precauzione da parte delle autorità sanitarie, che, ancora una volta, hanno pagato, e continuano a pagare, solo i ragazzi.

Come il Comitato “A Scuola!” ha sempre sottolineato, è assurdo che si sia usato questo “trattamento speciale” proprio per le scuole, luoghi dove si eroga un servizio essenziale e si esercita un diritto costituzionale. Ed è ancora più assurdo oggi, visto il netto cambiamento della situazione epidemiologica garantito dai vaccini, oltre che dalle misure di sicurezza scrupolosamente messe in atto dalle scuole fin dalla prima ora (distanziamento, aerazione dei locali, igienizzazione frequente delle mani).

È evidente, infatti, che il protocollo in uso per le quarantene scolastiche potrebbe complicare, quando non impedire, quel ritorno alla normalità a scuola su cui il Governo ha espressamente puntato e che sostiene di voler garantire. La scuola è iniziata da pochi giorni e già ci sono parecchie classi in quarantena. Se, nonostante il vaccino, nulla cambia, come si potrà convincere chi è ancora indeciso a compiere questo passo importante per la collettività?

Chiediamo dunque che il protocollo per la quarantena nelle scuole venga rivisto, evitando di considerare i compagni di classe “contatti stretti” a priori, per lo meno negli ordini di studio nei quali la mascherina è sempre portata, come nelle secondarie inferiori (laddove non ci sia la mensa) e superiori. Per nidi, materne ed elementari, dove i DPI o non sono in uso o non lo sono in maniera continuativa, chiediamo che si consenta ai compagni di un positivo di continuare a frequentare la scuola, monitorandoli strettamente con i tamponi salivari molecolari, strumento semplice da usare ma altamente affidabile e per questo entrato a far parte del piano di screening nelle scuole sentinella.

L’approccio che proponiamo nasce sulla falsariga del protocollo di sorveglianza attiva adottato per il personale sanitario già da ottobre 2020 (prima quindi dell’introduzione dei vaccini) e tuttora in atto, senza che siano stati rilevati focolai significativi, a maggior ragione alla luce dell’andamento della campagna vaccinale. Si tenga anche presente che anche in altri Paesi europei, come la Germania e la Svizzera, si sta discutendo un cambiamento dei protocolli per garantire la scuola in presenza e in un’ottica di convivenza con il virus.

L’importanza della revisione della quarantena per gli studenti e dell’utilizzo dei tamponi salivari molecolari per monitorare i potenziali focolai sono ben descritte nel protocollo “Revisione della quarantena e gestione dei contatti nell’ambito scolastico” che le dottoresse Valentina Massa e Serena Passamonti hanno sottoposto al Cts nazionale e che il “Comitato A Scuola!” sostiene con decisione.