Teniamo aperte le scuole o avremo una generazione di disperati

Teniamo aperte le scuole o avremo una generazione di disperati

di Bianca Foscarini

Dopo solo un mese e mezzo come consulente del Miur, l’ex coordinatore del Cts lascia anche il ministero dell’Istruzione: «Ho assolto il mio compito. La mia ricetta per una scuola sempre più sicura? Test a tappeto e mascherine Ffp2».

È sempre stato il paladino dei movimenti dei genitori pro scuola in presenza, visto che ha sempre dichiarato che le scuole devono restare aperte. D’altra parte, quel “rischio ragionato” di cui ha parlato Draghi per giustificare il ritorno degli studenti tra i banchi, a fine aprile, lui lo proclamava da mesi. Però Agostino Miozzo, già coordinatore del Cts, dopo solo un mese di incarico come consulente al Miur ha presentato le dimissioni al ministro Bianchi. 

Miozzo, perché lascia il Miur? 

Ho accettato l’incarico per aiutare il ministro Bianchi a riportare i ragazzi sui banchi di scuola, ma soprattutto per contribuire a riportare il dibattito sulla scuola a un livello politico. Credo che questo, nel bene e nel male, sia avvenuto: il presidente Draghi ha messo la scuola tra le priorità del suo Governo e il tema oggi è al centro del dibattito pubblico. Penso dunque di aver raggiunto il mio obiettivo. Ora sono stanco e penso che il mio tempo sia scaduto, il ministro ha un’ottima squadra di collaboratori. Il mio vecchio capo alla protezione civile, Guido Bertolaso, quando manifestavo reticenza a lasciare un progetto mi ripeteva sempre che i cimiteri sono pieni di persone indispensabili. Una lezione di vita che mi porto ancora appresso…

I ragazzi delle superiori, però, non sono tornati tutti in aula… 

Non ragionerei sulle percentuali. L’obiettivo di riportare i ragazzi a scuola è sostanzialmente acquisito, con l’eccezione di alcune Regioni che hanno agito in autonomia facendo scelte diverse. Un fatto che, nella mia personale opinione, è pericoloso: trovo imbarazzante che un singolo Governatore possa prendere decisioni in contrasto con le direttive del Governo su un diritto previsto dalla nostra Costituzione come quello all’istruzione. Questa anarchia è inaccettabile. Perché il ragazzo che vive in Basilicata deve avere un trattamento diverso dal compagno che vive in Puglia, magari a pochi chilometri di distanza? È assurdo. Che lo Stato si prenda la responsabilità di respingere le ordinanze regionali. Esiste il potere di sostituzione, bisogna avere la forza e il coraggio, in situazioni estreme, di metterlo in pratica. In ogni caso, a parte le decisioni unilaterali di alcune Regioni, credo che la risposta del mondo politico e del territorio alla riapertura sia stata sostanzialmente positiva. 

Lei dice? Io noto invece una sorta di terrore diffuso, in Italia, sulla riapertura delle scuole. Si dubita che siano sicure. Lei cosa ne pensa?

È inutile negarlo: quando si muovono 10 milioni di persone, tra studenti e personale, un aumento del rischio c’è. Bisogna però distinguere tra il rischio extra scolastico, per esempio sui mezzi pubblici e nelle aggregazioni fuori da scuola, e il rischio in aula. La mia opinione è che l’ambiente scolastico sia un ambiente molto controllato: i ragazzi indossano correttamente la mascherina, stanno distanziati e si igienizzano periodicamente le mani. Lo abbiamo detto più volte: il rischio zero, a scuola come altrove, non esiste, ma dobbiamo lavorare in tutti i modi per ridurlo. 

E questo come si può fare?

Questo si fa con i test a tappeto per individuare gli asintomatici, lavorando ancora sul trasporto pubblico, lavorando sugli assembramenti all’uscita da scuola. Io ricordo con affetto straordinario il “muretto” fuori dalla scuola, sul quale da piccolo giocavo a biglie e poi, una volta cresciuto, scambiavo le prime sigarette. Però dobbiamo spiegare ai giovani che adesso non è il momento di rimanere a chiacchierare fuori da scuola abbassando la guardia.

Quali sono in concreto le misure per una scuola in sicurezza che ha proposto al ministero dell’Istruzione?

Sicuramente il potenziamento dell’attività di testing, grazie ai test rapidi e ai salivari molecolari. Questo era un mio pallino da molto tempo, mi avevano sempre risposto che era difficile immaginare test per 8 milioni di ragazzi. Eppure, i salivari li fanno in tutta Europa e anche in Italia abbiamo esempi virtuosi, come nel Lazio, a Bolzano e a Bollate. Sperimentazioni se vogliamo frammentarie e poco concertate, io avrei preferito che si dessero indicazione nazionali su come condurre questi test, ma anche così si tratta di esperienze molto promettenti. L’importante è che oggi ci sia la consapevolezza che esiste uno strumento che riduce il rischio a scuola.

I test rapidi sono veloci ma meno precisi, quelli salivari molecolari non sono rapidi ma sono affidabilissimi e non richiedono personale. Quali dei due intendete privilegiare? E soprattutto, saranno usati come mezzo di diagnosi sui sintomatici e sui contatti di positivi o anche come screening preventivo sugli asintomatici?

L’uso che si vuole fare di questi test è per screening di massa, altrimenti non avrebbero scopo. Ovviamente sempre su base volontaria, anche se la provincia di Bolzano ne ha fatto una condizione necessaria per accedere a scuola, garantendo la Dad a chi non aderisce. Quanto alla differenza tra tamponi antigenici rapidi e salivari molecolari, li ritengo entrambi strumenti validi. I test rapidi non sono precisi al 100%, ma hanno senso quando si testano grandi popolazioni, come quelle scolastiche. In uno screening di massa individuano comunque almeno il 90% di positivi, non è poco.

La sanità italiana può permettersi test a tappeto sugli studenti?

In farmacia un tampone rapido costa 20 euro, ma se ne compri 200 milioni costeranno di meno. La Germania ha fatto ordini per miliardi di tamponi, ottenendo prezzi vantaggiosi dalle ditte, quasi tutte cinesi, che li producono, perché ha adottato una politica di controllo della pandemia anche a partire dalle scuole. Abbiamo presente quanto si è speso per le compensazioni che sono state date alle famiglie, come i bonus baby-sitter? Quanto costano i permessi lavorativi che i genitori sono costretti a chiedere? E i posti in terapia intensiva? 

Non pensa che i protocolli per le quarantene, peraltro diversi da Regione a Regione, in alcuni casi siano un po’ troppo rigidi e fungano da deterrente sull’esecuzione dei test? Tante famiglie, di fronte al rischio di quarantene lunghe 14 giorni, preferiscono non sapere…

Sono assolutamente d’accordo. I protocolli di identificazione e di isolamento dei postivi sono stati stabiliti un anno fa dall’Istituto superiore di sanità, da allora si sono fatti passi avanti nella conoscenza del virus e i protocolli possono essere aggiornati. È una delle richieste che il ministero dell’Istruzione dovrà fare al ministero della Salute e all’Istituto superiore di sanità.

Tra le misure di sicurezza per il prossimo anno si è parlato anche dell’obbligo di mascherine Ffp2 per docenti e alunni e di sistemi di ventilazione meccanica delle aule…

Sono entrambe proposte che sono state presentate al Cts. Sappiamo che alcune mascherine, come quelle di stoffa, le cosiddette mascherine di comunità, presentano criticità, sostituirle con le Ffp2 darebbe più garanzie. Ma le cose semplici sulla carta non lo sono mai nella realtà. Distribuire le Ffp2 a tutti significherebbe averne a disposizione 10 milioni al giorno, una quantità esorbitante che potrebbe non essere semplice da reperire sul mercato. Un’altra ipotesi, più fattibile, sarebbe renderle obbligatorie solo per i docenti. Anche agire sui sistemi di ventilazione non è facile: un tipo di ricambio come quello che si ha sugli aerei è praticamente impossibile da realizzare negli ambienti chiusi e dotare le scuole di depuratori significa risolvere problemi logistici a volte insormontabili. Pensiamo solo a cosa vorrebbe dire istallare un sistema di ventilazione forzata in una scuola del centro storico di Perugia o di Firenze.

Cosa si sta facendo invece sul fronte del distanziamento? 

Il risanamento degli edifici scolastici, con l’ampliamento delle dimensioni e del numero delle aule, è un problema risolvibile solo sul lungo periodo. Nel frattempo, la soluzione potrebbe essere dislocare gli studenti in edifici alternativi: ci sono spazi enormi del demanio pubblico che potrebbero essere utilizzati, penso alle caserme. Si tratta di fare un serio progetto e di mettere a disposizione gli spazi, che vanno ovviamente adattati allo scopo.

Siamo già di nuovo in terribile ritardo per settembre…

L’anno scorso, come Cts, abbiamo fatto l’elenco degli interventi necessari nelle scuole già ad aprile. È un anno che parliamo di distanziamento, quindi non capisco come presidi e amministratori locali possano sostenere che noi tecnici chiediamo le cose dall’oggi al domani. Ci voleva una settimana perché ogni scuola quantificasse le eccedenze. Alla tale scuola mancano 5 aule? Benissimo, il preside deve attivarsi presso gli amministratori locali, il sindaco, la Prefettura, il ministero dell’Istruzione piuttosto che della difesa o qualunque ente che dispone di spazi liberi, per individuare soluzioni alternative. Mi sarei immaginato almeno un tentativo di soluzione di queste problematiche, ma in molte parti del Paese non è stato così. 

Le scuole paritarie, per esempio, dispongono di molti spazi. Vede possibile una sinergia con le scuole statali?

Le scuole paritarie sono previste anche dalla Costituzione. La sinergia c’è sempre stata e deve continuare, con l’attenzione però a dare priorità e garanzia al diritto allo studio. Le paritarie si pagano, questa non può essere una discriminante.

L’impegno per mettere in sicurezza le scuole è doveroso. Ma lei non crede che per le scuole si pretendano garanzie che non si chiedono ad altre comunità, come le aziende? L’impressione è che ci sia una vera e propria psicosi sulla scuola: come combatterla?

Il primo problema è che i ragazzi non votano. Se lo facessero, visto che sono 8 milioni, un settimo della popolazione italiana, le condizioni sarebbero diverse. Quello che mi preoccupa, dell’atteggiamento del Paese verso la scuola, è la pericolosa contrapposizione tra sopravvivenza economica da una parte e istruzione dall’altra. Il diritto del ristoratore a lavorare è sacrosanto, dato che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, ma anche il diritto del ragazzo ad andare a scuola. Sono entrambi diritti costituzionali, non è possibile stabilire una gerarchia. Contrapposizioni di questo tipo sono tipiche dei Paesi poveri, dove non si possono mandare i bambini a scuola perché devono andare al pozzo a prendere l’acqua per la famiglia. Ma noi siamo più un Paese povero, siamo la settima potenza mondiale, non siamo più costretti a scegliere se mandare i figli a scuola o morire e non dobbiamo esserlo, nemmeno in pandemia. È pericoloso dal punto di vista sociologico, culturale e politico. 

La scuola, anzi, è un argine all’aumento della povertà… 

Certo e invece la didattica a distanza accentua le diseguaglianze, non solo nell’apprendimento. Con le scuole chiuse centinaia di migliaia di bambini in Italia hanno perso l’unico pasto caldo ed equilibrato della loro giornata.

Senza contare il dramma che molte famiglie stanno vivendo con adolescenti che manifestano grandi sofferenze a livello psicologico. Alcuni non escono più dalle loro camere. Tentati suicidi e atti di autolesionismo sono in aumento…

Purtroppo, io non sento i politici parlare spesso di questi problemi. I drammi del ristoratore e dell’artista potranno e dovranno avere delle compensazioni economiche. Ma il danno sui ragazzi come si potrà compensare? Ci rendiamo conto che avremo migliaia di ragazzi con turbe della psiche che resteranno tali per tutta la vita? Il ragazzino che per più di un anno ha vissuto ne suo nido, protetto dalle pareti della sua cameretta, come lo spediremo nel villaggio globale alla ricerca di un posto di lavoro? Avremo una generazione di persone che avranno paura di confrontarsi non solo con il resto del mondo, ma anche con i propri pari nel proprio Paese. Del resto, a un ragazzo che ha fatto la maturità in Dad, il primo anno dell’università e magari anche il secondo a distanza, lei avrebbe il coraggio di mettere in mano un bisturi, quando diventerà medico? Gli inglesi hanno già quantificato questi danni dal punto di vista economico. E in Francia lo Stato paga lo psicologo alle famiglie. Noi cosa stiamo facendo?

3° Manifestazione Rete Nazionale “Scuola in Presenza” | Roma | 10 Aprile h 15.00

3° Manifestazione Rete Nazionale “Scuola in Presenza” | Roma | 10 Aprile h 15.00

UN PAESE SENZA SCUOLA NON HA FUTURO: VOGLIAMO TORNARE TUTTI A SCUOLA! 

La Rete Nazionale “Scuola in Presenza” annuncia manifestazione nazionale a Roma, sabato 10 aprile, per chiedere con forza il rientro a scuola per tutti gli studenti, anche in zona rossa. A poco più di due mesi dalla fine dell’anno scolastico non possiamo lasciare ancora una volta a casa milioni di studenti.


Con l’art. 2 del Decreto Legge n.44 il Governo ha disposto, a partire dal 7 aprile, il rientro in classe degli studenti delle scuole dell’infanzia, delle scuole primarie e di quelli del primo anno di scuola secondaria di primo grado, anche in zona rossa. La ripresa è un segnale importante da parte del Governo a tutela degli alunni e delle alunne, ma insufficiente per la salvaguardia del benessere psicofisico dei preadolescenti e dei ragazzi delle superiori, moltissimi dei quali in didattica a distanza da oltre un anno, con conseguenze disastrose.
L’Italia non è un Paese per giovani e per famiglie se non riconosce che per tutti gli studenti la Scuola è salute anche e soprattutto in tempo di pandemia.

I ragazzi non stanno bene e manifestano un disagio sempre più ampio, diffuso e grave, come confermato anche dall’Associazione degli Ospedali Pediatrici Italiani e dalle associazioni che tutelano infanzia e adolescenza. Il nostro Paese continua a non proteggere i suoi cittadini più piccoli e i suoi ragazzi privandoli del luogo privilegiato per la loro crescita, la Scuola.  

In alcune Regioni si insiste a non bilanciare adeguatamente diritto alla salute e diritto all’istruzione con continui provvedimenti incongruenti di chiusura, anche delle classi del primo ciclo.
In questi giorni, specialmente nel Sud Italia, sono gli stessi sindaci e governatori a sbarrare i cancelli delle scuole, persino a studenti disabili e con bisogni educativi speciali, attraverso ordinanze restrittive in palese contraddizione con l’ultimo decreto legge del Governo Draghi.

La pazienza delle famiglie e degli studenti si è esaurita. Pertanto sabato 10 Aprile  rappresentanti di tutti i comitati regionali e locali, i gruppi e le associazioni aderenti alla Rete Nazionale «Scuola in presenza» manifesteranno alle ore 15 in Piazza del Popolo a Roma per richiamare il Paese tutto alla responsabilità verso le giovani generazioni.
Pur riconoscendo la gravità della pandemia, saremo di nuovo in piazza per chiedere alle Istituzioni di attivarsi in ogni modo per consentire l’immediato rientro in classe di tutti gli studenti. E per dire basta all’uso smodato della didattica a distanza, sia in tempo di pandemia che eventualmente dopo.

Perché la vera Scuola è solo in presenza. E senza Scuola non c’è futuro.

La Rete Nazionale «Scuola in Presenza», rigorosamente apartitica e trasversale, raggruppa al momento oltre 30 comitati e associazioni di genitori, insegnanti e studenti di tutta Italia che già da mesi stanno collaborando e si stanno impegnando a favore della scuola. Insieme rappresentiamo oltre 40.000 aderenti e sostenitori che hanno a cuore il futuro del Paese.

La Rete chiede alle Istituzioni di:

  1. Riconoscere che l’istruzione è un diritto fondamentale ed essenziale che deve pertanto rimanere svincolato dall’automatismo delle “zone a colori”. Le Istituzioni si devono adoperare per mettere in atto rapidamente tutte le misure necessarie allo svolgimento delle lezioni in sicurezza e in presenza per ogni ordine e grado di istruzione. La scuola deve essere l’ultimo luogo a chiudere in caso di picco di contagi, non il primo. Non si possono avere centri commerciali aperti e scuole chiuse.
  1. Rigettare l’uso prolungato e indiscriminato della Didattica a Distanza come strumento di insegnamento in quanto inefficace, svilente per gli insegnanti, discriminatorio per gli studenti provenienti da famiglie fragili e lesivo nei confronti degli alunni con disabilità o difficoltà di apprendimento.
  1. Ricordare che la tutela della salute della comunità non si esaurisce nella battaglia al Covid-19, ma deve necessariamente includere la difesa della salute psicofisica, oggi gravemente minacciata in bambini e adolescenti. 

ASSOCIAZIONI E COMITATI ADERENTI

A scuola! (Milano, Lombardia con sez. di Como, Lodi, Settimo Milanese)

Abruzzo A Scuola (L’Aquila e Avezzano, Abruzzo)

Associazione scuole aperte Campania (Campania)

CIB – Chiedo per i Bambini (Calabria)

Comitato A scuola – Umbria A.p.s (Umbria)  

Comitato Genitori Scuola in Presenza (Trieste, Friuli Venezia Giulia)

Comitato scuola in presenza per la provincia autonoma di Trento (Trentino)

Genitori per la scuola Benevento (Benevento, Campania)

La scuola che vogliamo- Scuole Diffuse in Puglia (Puglia)

La scuola è solo in presenza (Monza, Lombardia)

Per la scuola in presenza- Ragazzi a scuola (Rimini, Emilia-Romagna)

Persone contro la Dad (Ravenna, Emilia-Romagna)

Prima a scuola (Varese, Lombardia)

Giù le mani dalla scuola (Gorla Minore, Lombardia)

Ragazzi a scuola (Cesena, Emilia-Romagna)

Ri(n)corriamo la scuola (Firenze, Toscana)

Riapriamo la scuola della Costituzione (Genova, Liguria)

Ridateci la Scuola (Verona, Veneto)

Scuola in Presenza Arezzo (Arezzo, Toscana)

Scuola in presenza Parma (Parma, Emilia-Romagna)

Scuola in Presenza (Vicenza, Veneto)

Scuole Aperte a Bologna (Bologna, Emilia-Romagna)

Scuole Aperte Chieri (Chieri, Piemonte)

Scuole Aperte Cuneo (Cuneo, Piemonte)

Scuole Aperte Mantova (Mantova, Lombardia)

Scuole aperte Puglia (Acquaviva delle fonti, Puglia)

Scuole in presenza (Roma, Lazio)

SIP – Scuola in Presenza (Messina, Sicilia)

Scuole Aperte Venezia (Venezia, Veneto)

Scuole Aperte Chieri (Chieri, Piemonte)

Ass. Comitato Genitori Speciali (Altamura, Puglia)

Altamura Autism Friendly (Altamura, Puglia)

Iosonolunopercento (Paternò, Sicilia)

Genitori scuole Taranto (Taranto, Puglia)

Io c’ero (Reggio Emilia, Emilia-Romagna)

ScuolaÉinPresenza (Modena, Emilia-Romagna)

Per informazioni e dettagli:

retescuolainpresenza@gmail.com

Webinar | 01.04.21

Webinar | 01.04.21

01 Aprile 2021 – h 20.30 | WEBINAR a cura della Dr.ssa Martina Conte

Connessi e isolati?
Gli adolescenti al tempo della DAD

Incontro dedicato ai genitori di figli preadolescenti e adolescenti.
Conduce Martina Conte, psicologa e psicoterapeuta che lavora con gli adolescenti.

Evento gratuito con prenotazione obbligatoria. E’ possibile devolvere un libero contributo per sostenere le attività del Comitato A Scuola!

Prenota

Ricorso al TAR Lazio sulla costituzionalità delle misure intraprese a danno della scuola in presenza

Ricorso al TAR Lazio sulla costituzionalità delle misure intraprese a danno della scuola in presenza

Il TAR del Lazio chiede al governo di riesaminare la misura della chiusura delle scuole in zona rossa

Dall’esame dei verbali del CTS non si evince se e in che modo siano stati esaminati dati e informazioni fornite dall’Istituto di Sanità. L’interruzione della didattica in presenza ha un effetto moltiplicatore delle diseguaglianze sociali.

Con ordinanza n. 1946/2021 depositata in data odierna, il Tribunale Regionale del Lazio, Sezione Prima, ha accolto la domanda cautelare, presentata da un gruppo di genitori e di studenti e del Comitato “A Scuola!”, per la sospensione dell’efficacia del DPCM 2 marzo 2021, nella parte in cui ha disposto in zona rossa la sospensione delle attività didattiche in presenza delle scuole di ogni ordine e grado.

Il TAR Lazio ha ordinato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri di riesaminare le misure impugnate entro il 2 aprile 2021, riconoscendo che esse “non appaiono supportate da una adeguata istruttoria”. L’affermazione desta grave preoccupazione, ancor più se si aggiunge che il Collegio ha rilevato come dai verbali del CTS e dagli altri documenti prodotti in giudizio dall’Avvocatura dello Stato “non emergano indicazioni specifiche ostative alla riapertura delle scuole”. 

Il TAR sembra suggerire al governo la strada da seguire, là dove evidenzia come il CTS non abbia “valutato la possibilità, nelle zone rosse, di disporre la sospensione delle attività didattiche solo per aree territoriali circoscritte, in ragione del possibile andamento diversificato dell’epidemia nella regione”. L’automatismo della misura applicata sull’intero territorio regionale classificato “zona rossa”, lascia dunque perplesso anche il TAR: per la sua rigidità e assolutezza, esso appare incompatibile, infatti, di per sé, con i limiti di proporzionalità e adeguatezza cui devono soggiacere anche i provvedimenti emergenziali. 

Spetta al Governo ora chiedere conto al CTS delle ragioni che lo hanno indotto a chiedere l’adozione di una siffatta drastica misura, misura che sta moltiplicando le diseguaglianze sociali e inducendo gravi danni alla salute fisica e psichica dei più giovani.

Esulta il Comitato “A scuola!” – assistito dalla prof. Barbara Randazzo, socia dello studio Onida Randazzo e ass. e docente di Diritto costituzionale alla Statale di Milano: «Abbiamo dato voce ai più giovani e a tutte le famiglie provate da una misura incostituzionale! Si tratta di una vittoria importante, speriamo che induca il Governo a un definitivo cambio di rotta sulla scuola».

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Il ricorso presentato al TAR del Lazio

Il 17 febbraio, il Comitato “A Scuola!” , insieme a rappresentanti di “Studenti Presenti” e a ricorrenti provenienti da varie regioni italiane, assistiti dallo studio legale Onida Randazzo e ass., hanno notificato e depositato un ulteriore ricorso, a firma della prof.ssa Barbara Randazzo, ordinario di Diritto costituzionale alla Statale di Milano, questa volta dinanzi al Tar Lazio, volto a denunciare la violazione del diritto fondamentale all’istruzione e del diritto alla salute derivante dalla drastica e prolungata sospensione della didattica in presenza nelle regioni classificate “zona rossa”.

In particolare, si è chiesto di sollevare dinanzi alla Corte costituzionale una questione di costituzionalità sull’automatismo zona rossa/scuole chiuse, censurabile sotto una molteplicità di profili per violazione degli artt. 2, 3, 32, 34 Cost., nonché dell’art. 117, primo comma, Cost. in relazione all’articolo 2 del protocollo addizionale alla CEDU.

Senza negare in alcun modo la gravità della pandemia in atto, non può non manifestarsi profonda preoccupazione per la sistematica reiterazione di misure anti-Covid che, a distanza di oltre un anno dalla dichiarazione dello stato di emergenza, continuano a sacrificare in modo del tutto irragionevole e sproporzionato il diritto all’istruzione dei nostri ragazzi, compromettendone altresì la salute psicologica e le capacità relazionali. L’Italia vanta il primato tra i maggiori paesi europei per la durata della chiusura delle scuole, nonostante la ripresa in sicurezza di altri settori e attività. È noto come il principio sancito dall’art. 34 della Costituzione italiana sia quello di “scuola aperta a tutti” e di “comunità scolastica” quale luogo di sviluppo della personalità, di crescita guidata e di apprendimento. Il diritto costituzionalmente garantito è proprio questo e non un mero diritto a ricevere nozioni, soddisfabile al limite anche in autonomia.

L’azione giudiziaria dinanzi al TAR Lazio si è resa necessaria a fronte del fallimento dei plurimi tentativi di dialogo con le istituzioni e dopo che la questione, sollevata attraverso la raccolta dati, i picchetti, la formazione alle famiglie, il supporto concreto alle scuole e le varie manifestazioni organizzate, continua a essere ignorata.

2° Manifestazione Rete Nazionale “Scuola in Presenza” | Milano | 28 Marzo h 10.30

2° Manifestazione Rete Nazionale “Scuola in Presenza” | Milano | 28 Marzo h 10.30

TorniAMO a Scuola!


La Rete Nazionale “Scuola in Presenza” presidierà nuovamente le piazze d’Italia il 26, 27 e 28  marzo per chiedere la riapertura delle scuole.

La Rete Nazionale “Scuola in Presenza” annuncia per i giorno 26, 27 e 28  marzo una serie di presìdi in 10 regioni d’Italia per ribadire la richiesta di riapertura immediata e in sicurezza delle scuole di ogni ordine e grado e non solo per i più piccoli. La scuola è un bene essenziale per il Paese e deve essere al centro delle scelte delle nostre Istituzioni.

Ad un anno dall’inizio della pandemia, le Istituzioni continuano a non riconoscere l’istruzione in presenza come diritto fondamentale ed essenziale, in violazione della Costituzione. La scuola, ci ricorda l’art. 34 della stessa, è “aperta a tutti” e tutti gli alunni hanno diritto a un percorso di studi di qualità. 

Gli studenti, e le loro famiglie, stanno ancora una volta pagando un prezzo altissimo, sia in termini di istruzione negata, sia per il danno psicologico e sociale causato dall’uso prolungato della Didattica a Distanza e dell’obbligo innaturale all’isolamento. 

Pur apprezzando l’attenzione rivolta dal Governo ai temi sollevati con la nostre manifestazioni in 36 città italiane il 20 e 21 marzo e seguendo con vivo interesse l’evolversi della discussione circa le misure da adottarsi per consentire la riapertura in sicurezza delle scuole, i comitati di genitori, insegnanti e studenti aderenti alla Rete Nazionale “Scuola in Presenza” torneranno a scendere in piazza in maniera coordinata e sicura per chiedere il ripristino tempestivo della didattica in presenza.

Non tollereremo, in ogni caso, che si rimandi l’apertura oltre l’8 aprile né che la  Didattica a Distanza venga adottata come “soluzione” di lungo termine al problema della pandemia mentre altri Paesi europei si attivano per difendere l’istruzione in presenza.     

Uniti da Nord a Sud siamo pronti a mobilitarci in ogni sede per far in modo che gli studenti italiani di ogni regione e di ogni fascia d’età possano godere di uguali diritti e per frenare il crescente gap di formazione e salute nei confronti dei loro coetanei europei. 

La Rete Nazionale «Scuola in Presenza», rigorosamente apartitica e trasversale, raggruppa al momento oltre 30 comitati e associazioni di genitori, insegnanti e studenti di tutta Italia che già da mesi stanno collaborando e si stanno impegnando a favore della scuola. Insieme rappresentiamo oltre 40.000 aderenti e sostenitori che hanno a cuore il futuro del Paese.

La Rete chiede alle Istituzioni di:

  1. Riconoscere che l’istruzione è un diritto fondamentale ed essenziale che deve pertanto rimanere svincolato dall’automatismo delle “zone a colori”. Le Istituzioni si devono adoperare per mettere in atto rapidamente tutte le misure necessarie allo svolgimento delle lezioni in sicurezza e in presenza per ogni ordine e grado di istruzione. La scuola deve essere l’ultimo luogo a chiudere in caso di picco di contagi, non il primo. Non si possono avere centri commerciali aperti e scuole chiuse.
  1. Rigettare l’uso prolungato e indiscriminato della Didattica a Distanza come strumento di insegnamento in quanto inefficace, svilente per gli insegnanti, discriminatorio per gli studenti provenienti da famiglie fragili e lesivo nei confronti degli alunni con disabilità o difficoltà di apprendimento.
  1. Ricordare che la tutela della salute della comunità non si esaurisce nella battaglia al Covid-19, ma deve necessariamente includere la difesa della salute psicofisica, oggi gravemente minacciata in bambini e adolescenti. 
Locandina della manifestazioni della Rete Nazionale Scuola in presenza dei giorni 26-27 e 28 Marzo

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